L’infinito

Nella comunicazione visiva è possibile far rientrare la categoria dell’invisibile? Forse ancora più del visibile, l’invisibile apre infinite questioni filosofiche e concettuali. Cos’è, oggi, invisibile? E cos’è stato per l’arte moderna, per non parlare di quella antica? E quali sono i suoi sinonimi? Se facciamo riferimento al nostro tema, che è la comunicazione visiva: irrappresentabile, inconoscibile, impercettibile, indistinguibile, microscopico, smisurato, latente, virtuale …? Se il concetto di visibile apre questioni come il “concreto”, il “pieno”, il “finito”, il “tutto”, quello di invisibile, per … contrasto, presuppone l’”astratto”, il “vuoto”, l’infinito”, il “nulla”. E, soprattutto, il “non noto”, o, per meglio dire, il “non ancora conosciuto”! Compito della scienza e dell’arte non è che questo: rendere visibile l’invisibile. Rappresentare l’irrappresentabile. Ricercare l’immagine che è “impossibile”. L’immagine che, ¬no a quel momento, era ancora impossibile vedere e rappresentare. L’arte si prefigge di ricercare l’invisibile e di farlo apparire, la scienza si muove alla scoperta di una possibile visione dell’ignoto. Con una notevole differenza, quindi, tra l’arte e la scienza: per la scienza, perché l’ignoto non sia più tale, per l’arte perché il noto si trasformi in ignoto, in enigma.

kedea

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